Era stata una
giornata difficile. Non tremenda, ma noiosa, stitica, inferiore alle
aspettative. Che non dovrebbero esserci ma ci sono e fanno male quando non si
realizzano. Niente di grave, però, che di giornate così ne avevo avute tante
altre e di ben peggiori anche, solo che, dopo il weekend in cui avevo lavorato
come al solito dall’alba al tramonto senza soluzione di continuità, ero
scarico, nervoso, prossimo allo sclero.
Lo sapevo bene io
per primo.
Temevo che, una
volta arrivato a casa, avrei potuto prendermela con qualcuno che aveva la sola
colpa di essermi vicino nel momento sbagliato (ebbene sì, anche questo a volte
faccio, anche se so benissimo che non dovrei). E a casa c’era mia moglie che
aveva avuto una giornata ben peggiore della mia e non l’avrebbe per niente
meritato. Così mi sono fatto un bel discorso tra me e me. Mi sono detto:
calmati, in fin dei conti non è successo niente di così grave, incazzarsi non
serve a niente e prendersela con chi non se lo merita ancora meno. E mi
sembrava di avercela fatta.
Poi ho chiuso il
negozio lasciando all’interno le chiavi del motorino. E anche qui mi son detto:
calma, può succedere, è già successo altre volte (un po’ troppe in verità) e
succederà ancora. Ho quindi riaperto la serranda, disinserito l’antifurto,
preso le chiavi, rimesso l’antifurto e richiuso la serranda. Senza sclerare.
Poi sono entrato in
banca. Anzi, nell’anticamera della banca, dove c’è il bancomat in cui inserisco
i soldi e gli assegni dell’incasso. Era in funzione, cosa non scontata, e
funzionava anche l’inserimento dei contanti, altra cosa non scontata. Sono quindi
riuscito fare il mio deposito senza eccessivi intoppi.
Ma poi mi è saltato
in mente di chiedere anche la lista movimenti, in modo da verificare un po’ gli
stessi e, soprattutto, il mio saldo. E qui, alla seconda volta che mi appariva
la maledetta pubblicità del maledetto telepass gratuito per sei maledetti mesi
in offerta speciale per i maledettissimi clienti della banca stessa, pubblicità
che rimane a rompere i coglioni per trenta secondi buoni anche quando fa un
caldo pazzesco, mi sono scappati i cavalli.
Ho tirato un porcoddio di una tal forza che se non è
scattato l’allarme della banca è stato solo perché, probabilmente, per qualche
motivo, non era inserito. Una cosa assurda. Un urlo esagerato da far male alle
tonsille. Una cosa che, se è vero che la bestemmia è reato, sarebbe stato da
galera sicura. Una cosa che, se mi avessero sentito i clienti che avevo servito
fino a pochi instanti prima con la maggior gentilezza possibile (e che alcuni
dicono non esser poi granché ma sono solo malelingue) non avrebbero probabilmente
più rimesso piede nel mio negozio. Una cosa fuori da ogni logica. Sproporzionata
al momento e all’accaduto.
Ma ci voleva. Perdio
se ci voleva! Mi sono sentito immediatamente meglio. Il furore si è tramutato
in grinta, l’impazienza in determinazione. Ero di nuovo io. Ancora incazzato ma
non più furibondo. Ancora cattivo, del resto il sangue non è acqua e il carattere
nemmeno, ma più gestibile, controllabile, organizzabile. Non ho nemmeno
picchiato mia moglie, una volta rientrato, e nemmeno mio figlio, anche perché le
prenderei.
E allora, gente, la
mia conclusione è questa: bestemmiate quando ce n’è bisogno. Bestemmiate pure
senza ritegno. Magari se non c’è nessuno nei dintorni, meglio, ma, alla più
brutta, piuttosto di scoppiare, anche se c’è qualcun altro va bene lo stesso. Non
è vero che non serve. Serve eccome! Serve a buttar fuori il veleno che, se vi rimane
dentro, fa male a voi e vi fa diventare più cattivi. Paradossalmente una bestemmia
ben detta, cioè non sprecata o tirata a vanvera o per abitudine, vi salva la
vita e magari vi evita pure l’inferno, se fate tanto da esser credenti.
Perché, infatti,
non dovrebbe andare in paradiso una persona di buon cuore che tira qualche
porco di tanto in tanto, quand’è esasperata o quando la situazione lo richiede?
Quando, come si dice, te le strappano dalle budella? Secondo me l’inferno è
pieno zeppo di gente che non bestemmia ma, magari anche per questo, è più piena
di rabbia, di odio, di livore e di rancore. E quindi si comporta peggio.
E poi cos’è questa
storia del non nominare il nome di dio invano? E invano cosa vuol dire? Invano è
quanto di più soggettivo ci possa essere. Ciò che è invano per me magari non lo
è per te o per gli altri o gli altri ancora. E viceversa. Tra l’altro non nominare
il nome di dio invano, se è vero che i comandamenti li ha scritti dio stesso, è
un segno di permalosità e insofferenza. Cosa che non gli farebbe molto onore.
No, io non credo in
dio, ma mi piace pensare che, se un dio ci fosse, non gli starebbe sui coglioni
chi lo bestemmia, ma chi fa del male. A se stesso o agli altri. Consapevolmente
o meno. Cosa volete che gl’importi
se qualcuno lo nomina impropriamente o lo insulta addirittura quand’è alterato?
Entrambe le cose, in fondo, sono un segno d’amore o comunque almeno di
riconoscimento. Sempre meglio dell’indifferenza assoluta che gli riservano
molti cosiddetti credenti.
Se poi invece ho
ragione io e non c’è, beh, allora, perché mai si dovrebbe incazzare?
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