autobiografia

Mauri, Corbona 1958
Sono nato a Brigafatta, piccolissima frazione tra due paesi della campagna veronese, Vigasio e Buttapietra, distanti dalla città quel tanto che basta a renderla tale. Ci sono rimasto meno di un anno, peraltro in due diverse abitazioni: una sopra la trattoria locale, ed una in caseificio di cui conservo ancora qualche ricordo, forse anche per il fatto che i miei parenti son rimasti là ed io ho continuato ad andarci anche in seguito, quando andavo a scuola durante le vacanze estive.
Sono stato un primo in molti sensi: primogenito di un intera generazione di un clan, quello dei parenti di mia madre, composto da più di venti persone (tra fratelli, cugini e relativi consorti, che fino al matrimonio vivevano in un'unica fattoria chiamata Corbona). Abitando i miei nella corte attigua, quella appunto del caseificio, sono stato per otto mesi l’unico bambino presente. Un vero principino, insomma, sradicato però precocemente e diventato un anonimo bambino della periferia veronese. Sono stato un primo anche in molti altri sensi. Non tutti positivi.

Antonella; Paolo e Maurizio, Sottomarina 1963
Per la verità la periferia a quel tempo era tale solo per la vicinanza alla città, ma in realtà era ancora aperta campagna, con pochissime fabbriche e spazi enormi in cui vagare fin quasi a perdersi. E proprio questo ho fatto, fino all’adolescenza: vagabondare dopo la scuola per interi pomeriggi, aggregato a bande di ragazzi di qualche anno più vecchi di me e che vivevano in stato quasi brado, almeno paragonato a quello dei ragazzi di oggi.
Non c’è stata esperienza, o reato, o peccato più o meno mortale, che ci fossimo fatti mancare, in quegli anni in cui anche solo vedere una tetta era un’esperienza clamorosa. La vita brada era pari o superiore a quella che passavamo in parrocchia o in famiglia, e cominciava un’ora prima di andare a scuola. Un’ora di svago prima di cinque di gabbia.
Nel chilometro, o poco più, che c’era da fare, a piedi o in bicicletta, c’erano almeno due attività da espletare. Prima la compagnia degli amici, compagni di scuola, di strada e di avventure, soprattutto di fantasia, da informare e ascoltare mentre si ispezionava ogni centimetro di territorio in cerca di tesori da intascare. Poi la seconda, la grande “bisca” tutt’attorno la chiesa di Tomba Extra, dove si giocava indifferentemente e contemporaneamente a molti giochi, dei quali la più parte maschili ma non solo: figurine, quercioleti e pice (figurine, tappi a corona e biglie) oltre alla peta (che non so come si traduca) ed altri giochi femminili.

Mauri, S.Zeno alla ZAI 1966

Nella nostre tasche di allora finiva di tutto: figurine, che nei momenti migliori potevano essere dei mazzi di cinquanta o cento, tappi a corona di tutte le marche e colori, ma i più pregiati erano quelli della Coca Cola e dell’acqua minerale Recoaro, e biglie di ogni materiale e grandezza, di coccio, di vetro o anche di legno. Più altro materiale strano e disparato, raccolto qua e là, che per noi aveva un valore inestimabile. Veramente non so come facessero le nostre madri di allora a lavare i nostri panni senza dilapidare ogni volta le nostre sudatissime fortune.
Sono stato un bambino normale, insomma, e molto felice, vista l’ottima famiglia formata dai miei genitori, cattolici praticanti e devoti che vivevano per il lavoro ed i figli. Una sorella di due anni esatti meno di me ed un fratello di quasi cinque, completavano il mio nucleo famigliare di allora. Tre striminziti locali senza riscaldamento, un bagno semibuio con vasca corta e un secchiaio nel sottoscala, erano il nostro castello, completato da una vera e propria corte dei miracoli, con legnaia, garage, orto, pollaio, conigliera e un albero di susine con sopra la nostra casetta in legno in stile Tom Sawyer o Huchleberry Finn. Non che ne avessi bisogno, perché, nei campi vicini alla chiesa di San Zeno alla ZAI, io e miei amici, avevamo sempre almeno uno o più  tepee piantati fra canne, le robinie e i crisantemi matti. Avevamo anche capanne ed altri rifugi, più o meno segreti, alcuni scavati addirittura sotto terra.

Agnese, Antonella, Paolo, Maurizio, Silvio, S.Zeno alla ZAI 1969
Giocavamo alla guerra, qualsiasi guerra, ma quasi sempre a indiani e cowboy, senza la esse, oppure ai dottori, le poche volte che c’erano delle femmine. Sparavamo con armi improprie spesso più pericolose di quelle vere, sicuramente molto di più di quelle comprate coi soldi di papà, così pochi che poi non ce la sentivamo nemmeno di usarle per i giochi veri, temendo di sciuparle o, peggio ancora, perderle.  Giocavamo con gatti, cani, lucertole, insetti e quant’altri esseri, più o meno viventi, su cui riuscivamo a metter le mani, in nome d’impulsi truculenti e innocenti che poi ci affrettavamo a confessare, più o meno sempre parzialmente, e ad espiare con veloci e superficiali litanie di paternostri ed avemarie. La vita era vita di sbandati e di parrocchia, equamente divisa tra bestemmie fantasiose e rutilanti (quelle si mai confessate, perché la penitenza sarebbe stata scapaccioni anziché avemarie) e messe e funzioni servite con la cotta da chierichetti. Passavamo con indifferenza dall’acquasantiera al sacchetto della questua, onde finanziarci dispendiosi pomeriggi domenicali al luna park o in primitive sale giochi, il tutto con una levità mai più ritrovata.

Mauri, Paolo, Claudio e Giampaolo ZAI 1973
Anche le messe erano cose a metà tra il sacro e il profano. Dall’altare guardavamo attraverso le vesti, allora molto coprenti, le forme ed i movimenti delle ragazze più o meno attraenti, ma anche quelle delle donne e perfino delle vecchie, in cerca di quella femminilità che era allora arcignamente proibita e castigata. E per questo molto, molto più agognata e fantasticata. E il mio primissimo amore fu ovviamente una giovane vergine, così almeno credo che allora fosse, di lineamenti e colori nordici, estatica e sublime nel suo inginocchiarsi in virginale anelito nel primo banco, e di qualche anno più grande di me. Amore casto e impossibile dal momento che, quand’ebbi il primo pelo sotto il naso e in altri posti, lei era già fidanzata da un pezzo, tra l’altro con un “sacramenton” di molto più vecchio di me e pure più bello e aitante. Se lo ritrovassi oggidì credo che guarderei con lo stesso disprezzo con cui mi guardava egli allora.
Mauri, Daniele e Claudio Autogrill 1976
Questa l’infanzia e la fanciullezza. L’adolescenza fu peggio. Mi persi tra le peggiori compagnie possibili allora, quelle malavitose che bazzicavano l’Autogrill di Verona Sud,  quasi completamente succube del loro fascino torbido e violento. O meglio, me ne fermai al margine, se è vero che quasi tutti i miei amici dell’epoca finirono dentro o anche peggio, mentre io, fatto il giro dell’orlo del pozzo, ne discesi dall’altra parte praticamente intatto o quasi. Ma per un bel po’ li frequentai, imitandone gusti, gesti ed eccessi. Fu il periodo delle zuffe, delle risse, dei furti e delle trasgressioni più estreme e più insensate. A volte anche francamente inutili ed umilianti affrontate solo per puro antagonismo, spesso sconfinante nel masochismo. Non mi feci mancare niente  e niente rifiutai, comprese cose di cui adesso non voglio nemmeno parlare. Eppure da tutte ne ebbi qualcosa, danni soprattutto, fisici e morali, che poi scontai duramente, forse anche più di quel che sarebbe stato giusto, e che però contribuirono a rendermi ciò che sono stato e sono: un cattivo soggetto redento e, in quanto tale, ancora più etico e moralizzatore.
Mauri e Marty, Ostenda 1992
Scontai tutto con un primo matrimonio da vero e proprio inferno dantesco, da cui uscii a riveder le stelle solo con l’aiuto e la tenacia dell’angelo custode che poi diventò la mia seconda moglie. E lo è tuttora e lo sarà per sempre. A quest’angelo, appunto il secondo, io devo la mia stessa vita e glielo riconosco volentieri, perché tanto so che lei non se ne approfitta. Il primo, invece, adesso ha trent’anni e fra poco si sposa, anche se da quattro anni ormai convive lontana da me: era, ed è, la mia bambina.
Mauri e Cinzia, Parigi 1990
 Ma la storia nel frattempo è diventata la mia vita adulta e di questo io non voglio parlare, per lasciare ai miei racconti, alle mie foto ed alle mie poesie questo compito, per chi vorrà interessarsene. Aggiungo solo che sono diplomato in agraria e quasi del tutto autodidatta in età abbondantemente post scolastica e addirittura post primo matrimonio. Sono comunque ancora e sempre  irresponsabile, anche adesso che ho un’età, di quasi tutte le mie azioni, soprattutto quelle più assennate e responsabili. Quelle che dimostrano il mio vero carattere sono invece le puttanate più inutili e strane, fatte per puro gusto di stupire e, solo in seconda battuta, per far anche pensare.
Marty, Mark e Miki S.Giovanni evangelista 2010

Non sono mai stato bene in questo mio paese perché non mi ci riconosco né me ne accontento. E il fatto di vivere in una delle sue città più belle e vivibili casomai peggiora il disagio invece di alleviarlo. Tedesco di aspetto e inglese di testa, ho scelto l’Olanda come mia terra ideale, trovandola più consona a me, e più desiderabile, ogni volta che l’ho visitata. E sono ormai molte, per diletto e per lavoro. E proprio il lavoro, oltre che lo stile di vita, io invidio a quei popoli del nord Europa e in particolare a quello di Fiandra: la serenità e la tranquillità con le quali riesce a svolgerlo. Io, in questo cazzo di paese che si crede il più bello del mondo, ho corso più rischi a far polli e tacchini che non a spacciar droghe pesanti o commettere assassini! 
Piergiorgio, Remo e Mauri Olanda 1987

Infine qualcosa sul mio stile letterario, una cosa sola: vorrei tanto averne almeno uno! Scherzi a parte, spero di averne uno mio personale, ma non ne sono tanto sicuro e in ogni caso mi affido, come per tutte le altre passioni della mia vita spesso inconcludente, alla clemenza di un lettore curioso e paziente.
In fin dei conti, anche se ho scritto e scrivo di tutto, poesia, narrativa e saggistica, con applicazione e risultati alterni, credo che in proposito valga una delle prime poesie che ho mai scritto. Questa:

Se tutto è già stato scritto
e tutto già detto
a chi potrà mai interessare
qualche usata poesia da rottamare?
E tu, che frughi
ostinato fra queste righe
cosa cerchi con tanta pazienza
commozione, giochi di parole o scienza?
In un caso come nell’altro
io dovrei essere più scaltro
per potermi avvantaggiare
di questo tuo insistito curiosare
invece non sono che un ingenuo sillabante
che ama ciò che scrive come un’amante
e attende qualcuno che l'apprezzi
come attende una vela il vento che l'accarezzi.  
Mauri 20 marzo 2012 Verona

1 commento:

  1. Emozionante leggere questa tua biografia. Non sai quanti ricordi mi sono tornati alla mente leggendo qui.
    Complimenti Maurizio

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