giovedì 12 aprile 2012

sotto i tigli d'aprile

Sotto i tigli, d’aprile
tra le foglie ancora chiare
vario e mobile appare
l’intenso cielo primaverile.
Le nubi più strane
v’intessono nuove trame
mentre vanno, vengono
e dissolvono
e nel contrasto
che fanno i rami scuri
col verde fluorescente
che brulica di chiaroscuri
divaga leggera la mente.
Bello pensare allora
che ciò che si vede sia meno
di ciò che s’ignora
bello pensare
che una nuova stagione arriva
e con essa una nuova speranza
che la vecchia tradiva.
Bello pensare che è bello
starsene stesi sull’erba a far nulla
solo a pensare ai fiori
all’estate, al mare
e all’eterno ciclo del mondo
per una volta accogliente e giocondo
in sintonia con noi.
Bello pensare che poi
sarà maggio
poi giugno
poi luglio ed agosto
e poi
di nuovo autunno
un autunno sereno
con tutte le foglie dei tigli
color dell’arcobaleno.

mercoledì 11 aprile 2012

si muore davvero

Si muore davvero
checché se ne dica:
si muore in questa vita
e non ce ne sarà un’altra
inutile sperarci.
Ma poi perché sperare?
Cos’è quest’altra vita
d’eterna beatitudine
o eterna dannazione
che varie religioni
promettono?
È possibile?
È desiderabile?
Non credo.
Non credo perché
non può esserci
posto per tutti.
Non credo perché
già in assenza
di gioia e sofferenza
questa vita è infinita
e noiosa.
Non credo perché
senza sogni o bisogni
questa vita
di per sé già improbabile
diventa invivibile!
Si muore davvero
anche se c’è un dio
si muore anche
se ce n’è mille.
Si muore perché siamo scintille
accese per altrui volere
a volte
e dal caso comunque
ma sempre obbligate
ad esaurirsi.
Si muore anche
se c’è un rimpianto
un rimorso
anche se alla vita
si è dato solo un morso
anche se non se ne è
dato alcuno:
si muore e si torna
ad esser nessuno.
Dov’è il brutto
dov’è lo scandalo?
A cosa servirebbe
vivere ancora
se non a rimanere in balia
dello stesso destino
cinico e vandalo?
A cosa servirebbe
vivere eternamente
se non a perpetuare
il proprio edonismo
truccato da altruismo
di specie e cultura?
Si muore perché è
nella nostra natura
di stanchi adolescenti
e impuberi senescenti
sempre insoddisfatti
e megalomani.
Si muore perché
non siamo poi
così buoni.
Si muore
per il continuo tormento
che deriva dal fatto
di essere individui sociali
anche se poi
ci si sopporta a stento.
Si muore quasi sempre
troppo presto
ma solo perché
si è sprecato tempo
dietro false mete
o improprie aspettative
erroneamente
o proditoriamente
istigateci
da genitori fallaci
o mentori mendaci.
Si muore perché
quando si è vecchi
ciò ch’era gioia e potenza
diventa inevitabilmente
noia e sofferenza
ed anche se trovassimo
(e troveremo)
il sistema d’allungare
la vita all’estremo
non potremo evitare
il senso di spreco
e inutilità
che da questo deriva.
Morire si deve
al di là che sia stato
lungo oppure breve
il tempo a nostra disposizione.
Morire è l’ultima azione
morire bisogna:
cerchiamo di farlo
nel modo migliore
con dignità
e senza vergogna.
Morire è l’azione
che dobbiamo programmare
e preparare
nel corso di tutta la vita
senza farci deviare
o turlupinare
da storie e promesse
spesso indecenti
che ci fanno smarrire il senso
di quest’unica
preziosissima
e certo limitata
esistenza.
Morire bene
è finalizzazione:
richiede coraggio
pazienza
e rassegnazione
e solo chi vi riesce
sopravvive a se stesso
nell’unico modo possibile:
trasformare in leggenda la vita
e il proprio decesso.

martedì 3 aprile 2012

santa lucia in maremma

... sotto una pioggia battente da ore
dentro una fitta e intricata boscaglia
ci era rimasta soltanto la voglia
di un posto asciutto e un po' di calore

ma un tetto e un sonno rigeneratore
eran miraggi in quella ramaglia
dove una casa e la propria famiglia
erano pure e insensate chimere

poi finalmente un deserto casale
abbandonato alle greggi passanti
ci rasciugammo ad un fuoco di sterco

su strame secco e provvidenziale
e vi dormimmo, tal quali viandanti,
sopra un magnifico letto d'albergo
poi venne giorno e portò la sorpresa:
la maremma imbiancata ci guardava
dalle finestre senza imposte. Entrava
odore di neve e l'aura sospesa

ricreava l'ansia, l'eccitata attesa
di quando, ragazzini, s'aspettava
l'alba dei dì che i doni ci portava.
Fantasie, ricordi, nostalgia accesa

d'amati volti lontani. Emozioni
gioiose e mai scordate. Inconfessabili
lacrime bagnarono il sacco a pelo

mentre "non canto, non grido, non suono
pel vasto silenzio andava". Immobili, 
soldati infanti, noi stemmo, nel gelo

domenica 1 aprile 2012

ch'io viva un anno, un secolo o dieci minuti soltanto

Miki Marburg 2005
Ch'io viva un anno
un secolo
o dieci minuti soltanto
quando ti guardo e sorridi
il mio scopo è raggiunto.
Per me
sei l'onda che innalza
che inebria
che monda
quel mare di nero dolore
in cui, per caso e per tigna,
non sono affogato.
Ma come l'onda può esser
briosa e fugace
o calma e tenace
tu dura più a lungo che puoi:
ricorda che arriva lontano
chi più si conserva e rinnova
e non chi presto vanisce.