Ma
la guerra È una brutta cosa?
Può
darsi. Anzi, quasi sicuramente, visto l’andazzo. Però, se lo è (e lo è) è più per
le sue degenerazioni che per la sua essenza. Oggi c’è l’uso, infatti, di
chiamare atto di guerra ciò che un secolo fa si sarebbe chiamato semplicemente assassinio,
strage. E si sarebbe universalmente esecrato, senza se e senza ma di sorta. Oggi
invece si chiama impropriamente atto di guerra anche un’azione terroristica. Che
non lo è perché una guerra dev’essere, ed è sempre stata, tra soldati, non tra
civili. E massimamente non tra soldati (ammesso che si possano definire tali
quelli che lo fanno) e civili. Cioè individui ignari, inermi e impossibilitati
a reagire.
Si
è del tutto perso il senso delle regole e dell’onore. Oggi la parola onore non
si usa quasi più. È considerata un retaggio del passato e, in particolare, di
un passato che vogliamo dimenticare. Ma l’onore è la prima cosa per una persona
che voglia essere veramente tale. L’onore, lo dice il vocabolario, è la dignità
personale riflessa nella stima altrui. È, o dovrebbe essere, una cosa
imprescindibile in qualsiasi società civile. Ma oggi noi non la usiamo più. Usiamo
reputazione, che dell’onore è solo il guscio esterno. Ciò che si vede, non ciò
che si è. Non ciò che si sente di essere. Usiamo perfino “uomo d’onore” come
sinonimo di mafioso, che dell’uomo d’onore è l’esatto contrario. Invece la
prima regola di una persona d’onore è la pietà, cioè la compartecipazione e la
solidarietà per chi è più debole o soffre.
E da
ciò deriva che in guerra non vale tutto. In guerra il soldato combatte il
soldato. E con determinate regole d’ingaggio. E allora la guerra può anche non
essere ingiusta, come non lo sono state moltissime guerre o battaglie che ci
hanno aiutato a diventare, o restare, ciò che attualmente siamo.
Altra
riflessione, consequenziale: la pace.
La
pace è sempre bella?
Quando
in pace non c’è giustizia, non c’è benessere, non c’è prosperità non credo
proprio.
Ma
voglio andare più in là. La pace non è che un breve periodo di pausa tra due
guerre. La pace è come la felicità. Non esiste, se non come momento effimero e
fine a se stesso.
La
natura umana non è fatta per la pace. Non siamo pecore, ma lupi. La vita stessa
è guerra e non pace. A tutti i livelli, in tutti i regni e in tutte le
situazioni. Non c’è il sia pur minimo microbo che non lotti strenuamente contro
il mondo intero e massimamente contro i suoi competitori diretti per la vita
stessa. E pazienza se i suoi competitori sono suoi simili. Non è vero che cane
non mangia cane. Leone mangia leone, eccome, giraffa uccide giraffa, cervo
ammazza cervo. Per il territorio, per il cibo, per la riproduzione. In una
parola, per il dominio.
Quindi
niente illusioni. Niente sproloqui insensati sulla pace e niente considerazioni
aprioristiche contro la guerra. A volte la guerra non è che il rimedio a una
pace ingiusta e dispensatrice di fame e malattie. Spesso è l’unica difesa
contro aggressori che vogliono imporci la loro supremazia e il loro stile di vita.
O anche il contrario, certo. Ma in ogni caso ciò per cui dobbiamo batterci, ciò
per cui è giusto batterci, e che ci differenza dal resto degli animali, è la
giustizia. E l’onore. E questo comporta la lotta più feroce e spietata contro
chi ce li vuol far perdere.
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